Intervista alla signora Domenica Maria Carriero per i suoi 100 anni

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P1020324Ieri a Filiano si sono svolti i festeggiamenti in onore dei 100 anni compiuti dalla signora Domenica Maria Carriero. Dopo la Santa Messa presso la Chiesa “Maria SS del Rosario”, la neo centenaria è stata accolta nella vicina sala del centro sociale “Prof. G. Lorusso” gremita di gente. Il Parroco Don Mariano Spera le ha consegnato una targa riportante tutte le date dei sacramenti ricevuti e il Sindaco Francesco Santoro, a nome di tutta l’amministrazione del Comune di Filiano, le ha consegnato una copia dell’atto di nascita e una targa ricordo in suo onore.
Come ho raccontato nel post precedente, qualche giorno fa ho avuto il piacere e l’onore di intervistarla. Si dice che “tradurre è tradire”, ma per garantire una maggiore leggibilità ho dovuto tradurre l’intervista dal dialetto aviglianese all’italiano sacrificando un po’ dell’espressività originale.
Ecco cosa mi ha raccontato zia “Menga” Maria.

Come stai? Come ci si sente ad avere 100 anni?
Con il pensiero mi sento ancora giovane, ma è il corpo che non ce la fa! Non posso stare troppo in piedi, perché le gambe mi fanno male e anche se sto troppo seduta mi da fastidio. Per quella che è stata la mia vita e dopo tutto quello che ho passato non pensavo di arrivarci.

Com’è stata la tua vita?
Io sono nata nel 1915, durante la guerra. Ho vissuto le due guerre mondiali. Mio padre è partito per la guerra che avevo solo 6 giorni ed è tornato che avevo 3 anni. La mia vita è stata sempre seria e difficile. Nel 1922, mi ricordo che è arrivata l’acqua qui a Filiano. Sono andata a scuola solo due anni, poi, a 12 anni ho iniziato ad andare a lavorare la terra a Piano del Conte dove c’era un vivaio. Ci volevano 4 ore di cammino: due per arrivare e due per tornare. E per tanti anni ho lavorato lì. Lavoravamo per otto ore al giorno e poi c’erano i lavori di casa: lavavamo a mano inginocchiati vicino al fiume. Poi prima era diverso… Tutti eravamo amici e ci aiutavamo a vicenda. Si faceva la pasta di casa. Impastavamo il pane, poi a Filiano c’erano solo tre forni e tutti portavamo il pane lì e lo riconoscevamo in base al segno (“lu signale”) che mettevamo. Prima non c’erano tutti i “vuttun” che ci sono adesso.

P1020314I bottoni? Che significa?
Eh si… Ora con un bottone fai tutto: cucini, lavi, stiri,… Prima, invece, era più difficile! Però noi giovani sapevamo fare tutto: ricamavamo, cucivamo, rattoppavamo,…

E i giovani di adesso?
Eh, voi giovani di oggi siete a zero! Non sapete fare niente proprio! “Mang na cauzetta”!

Allora che consiglio vuoi dare ai giovani di oggi? A noi giovani di Filiano?
Eh, e chi se lo prende un consiglio oggi! Però voi giovani non dovete far perdere due cose importanti di Filiano: la Chiesa e il Comune.
La Chiesa, perchè oggi voi giovani non ci andate più tanto.
Il Comune è importante. Per avere il Comune qui a Filiano abbiamo lavorato, lottato e anche minacciato! Prima se serviva una carta, un certificato o una firma bisognava andare ad Avigliano, all’epoca non c’erano le strade di adesso e neanche le macchine. Ad Avigliano si andava a piedi, ci volevano 4 ore di viaggio e si passava per il bosco di Monte Caruso. Era molto pericoloso, perché non sapevi chi potevi incontrare per la strada. Per questo, raccomando voi giovani: la Chiesa e il Comune sono due cose importanti di Filiano e non dovete farle perdere!

Qual è stato il momento più difficile della tua vita?
Il periodo più difficile è stato dal 1938 al 1958, più o meno il periodo della seconda guerra mondiale. Mancava tutto in quel tempo, non c’era niente da mangiare.

Il Costume aviglianese non lo indossi più?
A me manca molto il “costume”, adesso con questi vestiti mi sento una zingara! Però non riesco più a tenerlo, è pesante e per quanto soffro non riesco a portarlo. Però l’ho già preparato per quando non ci sarò più. Indosserò il costume aviglianese che ho cucito apposta per l’occasione.

P1020327Ricordo che hai fatto la sarta e ricamavi fino a poco tempo fa. È vero?
Ho fatto la contadina, ho fatto la sarta e ho fatto anche la ricamatrice. Vorrei ancora ricamare, perché mi piace tanto, ma non ci vedo più bene. Però ho ricamato e fatto costumi fino a 4 anni fa! Prima ogni ragazza si faceva il proprio corredo ricamato. Io il mio lenzuolo ce l’ho ancora conservato e non l’ho mai usato.

Dove hai imparato a ricamare?
Da sola, vedevo le cose e le rifacevo. Mi piaceva inventare anche i disegni che poi andavo a ricamare.

In cucina cosa ti manca di più?
Prima si faceva la “carchiola” con la minestra di cavoli e cicoria. Era un piatto povero ma a me piaceva tanto. Ti cuocevi le mani per impastarla, ma era saporita. Non c’era tanta roba, ma almeno sapevi quello che mangiavi!

Qual è il ricordo più bello della tua vita?
La vita mia è stata sempre difficile. Però alla fine sono soddisfatta. Del mio lavoro di sarta e ricamatrice sono contenta, mi piaceva farlo e nessuno si è mai lamentato dei risultati. Alcuni dei miei lavori sono arrivati fino in America!

 

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