Accabadora

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Accabadora – Einaudi Editore

In un luogo in cui la modernità e le tradizioni ancestrali di un popolo si incontrano, vivono figure misteriose e intriganti che operano al limite tra il sacro e profano. Nel romanzo Accabadora, Michela Murgia parla della sua Sardegna, un’isola in cui riti arcaici e superstizioni antiche sembrano sopravvivere ad ogni forma di progresso.

La vecchia tzia Bonaria Urrai prende con sé la piccola Maria, di appena sei anni, quarta figlia di una vedova che non può mantenerla e che se ne libera con disinvoltura. Un Fillus de anima, così viene chiamato il bambino che ha due madri, quella naturale e quella adottiva, in un processo che dovrebbe avvenire senza particolari traumi.
Nel periodo in cui vive con tzia Bonaria, Maria comprende di non essere più solo “l’ultima di quattro figli”, ma di essere una persona a tutti gli effetti, con sogni e desideri da realizzare. Maria vive bene con la madre adottiva, va a scuola, impara mote cose, insomma è felice. C’è però qualcosa di misterioso in tzia Bonaria: il suo passato, le sue uscite notturne avvolta nello scialle nero e i momenti d’improvvisa severità. La verità sarà difficile da accettare per Maria, la quale imparerà suo malgrado, che nella vita la distinzione tra giusto e sbagliato non è sempre così netta come aveva creduto.

Si tratta di un romanzo intenso, emozionante e complesso, in cui l’autrice affronta un tema controverso e difficile: l’eutanasia. L’accabadora – dallo spagnolo acabar, che vuol dire finire – è l’ultima madre, colei che aiuta le persone a lasciare la vita, perché se si ha bisogno d’aiuto per nascere lo si ha anche per morire.

Non dire mai: di quest’acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata.

Accabadora – Michela Murgia

Accabadora è stato un libro che mi ha rapita e che mi ha fatto entrare in un mondo complesso governato da riti e usanze ancestrali, che in fondo non sono così lontane dalle tradizioni lucane, quelle più misteriose e arcaiche. È un libro al quale ho continuato a pensare anche dopo averlo finito e mi ha ricordato una scena di un bellissimo film di Alejandro Amenábar Mare Dentro, che pure affronta il tema dell’eutanasia. In questa scena del film il protagonista Ramón costretto a letto da trent’anni – interpretato magistralmente da Javier Bardem – dialogando con un prete, dice: “una libertà che elimina la vita non è libertà, ma una vita che elimina la libertà non è vita”.

Ci sono temi e argomenti che non è facile affrontare e per cui le cose non possono essere semplicemente bianche o nere, giuste o sbagliate. Credo che ogni vita sia diversa, che ogni persona abbia il diritto di scegliere come viverla e che ogni scelta vada rispettata senza giudicare.

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