L’importanza del 25 aprile

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25 aprile 1945
Il 25 aprile 1945, ai microfoni di Radio Milano Liberata, Sandro Pertini – partigiano e membro del Comitato di Liberazione Nazionale – proclamò lo sciopero generale contro l’occupazione tedesca.

“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.”

Le fabbriche vennero occupate e presidiate. La tipografia del Corriere della Sera fu usata per stampare i primi fogli che annunciavano la vittoria.
Gli avvenimenti decisivi di quel giorno rappresentano il culmine della fase militare della Resistenza, che liberò l’Italia da vent’anni di dittatura fascista e mise fine a cinque anni di guerra. Da quella data in poi, ci fu l’avvio effettivo di una fase di governo che porterà prima al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica e poi alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione, che entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

Perché è importante celebrare questa ricorrenza
Il 25 aprile di ogni anno, dunque, si celebra la Festa della Liberazione per ricordare questo momento fondante della nostra storia e della nostra Repubblica.
In un periodo come questo, in cui ministri e rappresentanti delle Istituzioni minacciano di non celebrare questa ricorrenza così importante, ritengo che sia doveroso da parte di ognuno di noi fare qualcosa per ricordare i sacrifici e le lotte degli uomini e delle donne che liberarono il Paese dal fascismo e posero le basi per la nascita della democrazia.

Come si arriva alla Liberazione
L’8 settembre 1943 il maresciallo Pietro Badoglio – capo del governo ed ex comandante delle forze armate – al microfono dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), annunciò alla popolazione italiana l’entrata in vigore dell’armistizio, firmato con gli anglo-americani cinque giorni prima. Questo annuncio gettò l’Italia nel caos più completo. Mentre il re e il governo abbandonarono la capitale per muoversi verso Brindisi, dove avrebbero ottenuto la protezione degli alleati appena sbarcati in Puglia, i tedeschi procedevano a una sistematica occupazione di tutta l‘Italia centro-settentrionale. Nell’autunno del 1943 il Paese risultava diviso non solo sul fronte, ma anche in due entità statali distinte: al sud sopravviveva il vecchio stato monarchico, mentre al nord il fascismo risorgeva dalle sue ceneri sotto la protezione degli occupanti nazisti. Il 12 settembre 1943, un commando di aviatori e paracadutisti tedeschi liberò Mussolini dal campo di prigionia sul Gran Sasso e pochi giorni dopo il duce fondò un nuovo stato fascista, la Repubblica sociale italiana (Rsi) con capitale a Salò. La Repubblica di Mussolini era totalmente dipendente dalla protezione degli occupanti tedeschi e non acquistò mai una vera credibilità, la sua principale funzione era quella di reprimere e combattere il neonato movimento partigiano. Le regioni del centro-nord divennero così teatro di una guerra civile tra italiani e al contempo tra eserciti stranieri.

I partigiani e la Resistenza
Le prime formazioni armate di partigiani si riunirono sulle montagne dell’Italia centro-settentrionale subito dopo l’8 settembre. Come ricorda Giorgio Bocca in Storia dell’Italia Partigiana (1966) “la Resistenza del settembre nasce dall’incontro tra il vecchio e il nuovo antifascismo”. Il primo era quello dell’esilio, della cospirazione, del silenzio e dello sdegno che da subito si era opposto al fascismo; mentre il secondo era quello nato durante il fascismo e che dopo aver partecipato e peccato con esso, capì e finalmente decise di opporvisi.

Dopo una prima fase di aggregazione spontanea e casuale, le bande partigiane iniziarono ad organizzarsi in base all’orientamento politico: le Brigate Garibaldi, più numerose e attive, formate in maggioranza da comunisti; Giustizia e Libertà, formazioni abbastanza consistenti che si ricollegavano all’omonimo movimento antifascista degli anni ’30 e al nuovo Partito d’azione; le Brigate Matteotti, legate ai socialisti; infine vi erano anche formazioni cattoliche e bande autonome composte prevalentemente da militari di orientamento monarchico.
L’azione della Resistenza fu coordinata anche dai Comitati di Liberazione Nazionali (CLN), il primo dei quali sorse a Roma il 9 settembre 1943, poi nel giugno 1944 si costituì anche il CLN Alta Italia (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia). Grazie all’attività di questi gruppi a cui si affiancò la partecipazione diretta della popolazione civile, molte zone furono liberate dai partigiani prima dell’arrivo degli alleati. Le rappresaglie tedesche, però, non si fecero attendere e furono terribilmente feroci: 335 civili furono massacrati a Roma nell’eccidio delle Fosse Ardeatine e 1830 furono le vittime della strage di Marzabotto, nei pressi di Bologna.

Nella primavera del 1945 le truppe anglo americane sfondarono la linea Gotica che si sviluppava da La Spezia fino a Rimini. Il 25 aprile la resistenza italiana, che poteva contare più di 200.000 uomini, scatenò l’insurrezione nazionale contro i tedeschi. Il CLN Alta Italia proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa.
Mussolini tentò la fuga in Svizzera, ma fu catturato dai partigiani e giustiziato il 28 aprile nel villaggio di Dongo, insieme alla compagna Claretta Petacci e ad altri gerarchi. Entro il 1° maggio tutta l’Italia settentrionale fu liberata.

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