La storia di Yves Valentin

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P1020105Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo sognato di mollare ogni cosa e viaggiare per il mondo per conoscere nuove persone e culture. Yves Valentin è riuscito a far diventare questo suo sogno realtà. A Filiano lo conoscono tutti come “il francese”, “il tipo con il cane” o altre versioni italianizzate del suo nome. Yves è una di quelle persone la cui positività ti contagia e incominci a credere che un altro modo di vivere, rispetto alla fretta e allo stress della vita moderna, è possibile.

Parlami di te: da dove ha inizio la tua storia?
La mia storia inizia in Francia, molto tempo fa. Sono nato in un piccolo paese vicino Strasburgo e sono andato via di casa a 18 anni.
Come mai? Cosa ti ha spinto a fare questa scelta?
Volevo viaggiare e forse ero anche un po’ pigro. La società non mi piaceva molto, ero abbastanza ribelle e volevo vedere qualcosa d’altro. Così, il giorno del mio diciottesimo compleanno, precisamente il 18 aprile 1977, ho preso lo zaino e sono partito.
Sei partito proprio il giorno in cui hai compiuto 18 anni, come mai?
Volevo già partire prima, però mio padre non era d’accordo poiché ero minorenne ed era normale. Però mi aveva detto: «quando avrai compiuto i diciotto anni farai ciò che vuoi». E così ho fatto!
Descrivimi il tuo viaggio, da dove sei partito? Con quali mezzi hai viaggiato?
All’inizio avevo un po’ di soldi, poiché avevo fatto qualche lavoretto. Ho iniziato a viaggiare con il treno per visitare la Francia. Sono rimasto lì per i primi 6-7 anni, dove ho lavorato un po’ qui e un po’ lì, nelle vendemmie e in altri tipi di lavori agricoli e manuali.
Nel 1983 sono andato in Grecia, sull’isola di Creta, era il primo viaggio fuori dal mio Paese. Poi, come tutti i ragazzi in quel periodo, volevo andare in India ma non ci sono riuscito. Sono stato alla frontiera dell’Iran e lì ho avuto qualche problema con le guardie che non mi hanno lasciato entrare. Allora sono andato in Turchia, dove ho trovato una nave che, in cambio di lavoro a bordo, mi ha portato in America, precisamente nella Guyana Francese, era il 1990. Da lì è iniziato il mio viaggio in Sud America: passando per il Brasile, dove ho vissuto cose meravigliose, sono arrivato in Argentina e Cile, e poi sono risalito per tutta la costa a Ovest, piano piano con treno, pullman, a piedi, a cavallo e con tutti i mezzi possibili ed immaginabili. Così sono arrivato negli USA, che ho attraversato dal Messico al Canada, in pratica da Sud a Nord. Lì mi sono fermato tre anni con gli indiani d’America e ho vissuto con uno sciamano, o meglio, con un gruppo che aveva deciso di tornare allo stile di vita delle origini.
Quindi la cultura di questo popolo è riuscita a sopravvivere, nonostante l’avanzare del progresso?
Si, direi che quella cultura stava risorgendo. Io ho incontrato tanti nativi americani, che si sono resi conto di essere una società diversa da quella occidentale e lo hanno accettato.
Io volevo stare lì, credevo che il mio posto fosse lì, ma lo sciamano mi ha detto che dovevo continuare a cercare la mia strada. Così ho ripreso il viaggio arrivando in Canada, dove ho incontrato una coppia di francesi che mi ha proposto di tornare con loro in Francia, in barca a vela. Quindi sono tornato indietro nel 2005.
Prima di allora non eri mai tornato a casa, dalla tua famiglia?
Solo una volta. Quando sono partito mio padre mi disse: «Puoi andare dove vuoi, ma non tornare per piangere», dunque sono tornato per dirgli che era veramente quella la vita che volevo.
Una volta tornato in Francia, quindi, cosa hai fatto?
Come prima cosa sono tornato a trovare mio padre, che però non mi ha nemmeno riconosciuto poiché era malato, aveva il morbo di Alzheimer. Così dalla Francia sono salito in Irlanda, dove ho vissuto in una comunità, che provava a vivere in modo diverso senza essere molto coinvolto nel “sistema”: senza soldi, autoproduzione. Lì sono rimasto quasi tre anni, ma volevo festeggiare i miei trent’anni di viaggio in Grecia, proprio lì dove tutto era cominciato. Sono stato a Matala, sull’isola di Creta e ci sono rimasto fino al 2010. Ma sentivo che quello non era ancora il mio posto per finire, perché era arrivato anche per me il tempo di fermarmi. Sentivo che tutto ciò che avevo conosciuto dovevo in qualche modo restituirlo, insegnarlo a qualcun altro. La mia filosofia è che non si impara mai solo per se stessi, ma ci deve essere uno scambio, ciò che si impara bisogna condividerlo.
Così ho preso il traghetto da Matala e sono tornato sulla terra ferma, nel Peloponneso, che ho attraversato a piedi. Abbiamo due gambe e dobbiamo usarle!
È da lì che sei arrivato in Italia?
Si, anche se devo dire che l’Italia non mi piaceva tanto! Come tutti i francesi nutrivo qualche pregiudizio verso questo Paese. Però non potevo giudicare l’Italia e gli italiani senza conoscervi, così mi sono detto: «vai e vediamo come va!». Sono arrivato ad Ancona, mi sembra nel 2010, lì ho sentito parlare di un posto nel nord della Sardegna che si chiama Val della Luna, vicino Santa Teresa di Gallura. Era un posto mozzafiato dal punto di vista naturale, ma ormai troppo contaminato dalla società moderna e dove era impossibile vivere, soprattutto in estate, con l’arrivo dei turisti.
Sono tornato in Toscana, a nord di Pistoia, dove ho vissuto un anno con la comunità “Gli Elfi”, che dal 1983 si autogestisce e autoproduce tutto ciò di cui ha bisogno. Ma ancora una volta non ero completamente soddisfatto, così dopo aver visitato il nord Italia ho deciso di scendere a Sud e sono arrivato in Puglia. Ho vissuto nel Gargano per sei mesi, ma è stato difficile, perché lì non c’è acqua. Ho preso il treno e sono arrivato a Foggia, che devo dire che non mi è piaciuta per niente: c’è troppa negatività! In stazione ho digitato un codice a caso alla macchinetta automatica ed è uscito Melfi. Sono arrivato a Melfi nel 2012, proprio nel periodo della “Sagra della varola” e ho passato lì 4 giorni meravigliosi, veramente. Da lì sono passato per Rionero, Atella fino a Filiano. Era l’8 novembre del 2012.
È il caso, quindi, che ti ha guidato qui a Filiano?
Io non credo al caso. Posso dire che qui ho iniziato a sentire davvero il cuore della gente lucana. Ho trovato davvero qualcosa di particolare. Io credo che per ogni cosa ci sia una ragione e nella nostra vita dobbiamo cercare di capire qual’è il nostro scopo, perché tutti ne abbiamo uno, e dobbiamo cercare di raggiungerlo.
In particolare io sono attratto dalle montagne e, perciò, sono arrivato a Monte Caruso, che adoro. Monte Caruso mi ha “acchiappato” e credo di aver trovato finalmente il mio posto.
Cos’è la Natura per te?
La Natura è dove tutto ha avuto origine. Dobbiamo ritrovare l’equilibrio con la Natura, la terra non mi appartiene ma io appartengo alla terra. Tutto ciò di cui ho bisogno c’è in natura, ad esempio, io non prendo medicine da non so più quanti anni!
E la tecnologia non può aiutarci a vivere?
No. Secondo la mia filosofia, dobbiamo ritornare a vivere a prima della corrente elettrica. Questo non vuol dire che non dobbiamo far progressi, però non dobbiamo permettere che la tecnologia cambi la nostra natura e il nostro modo di essere. Dobbiamo ritrovare l’equilibrio tra spirituale e materiale.
In questo “sistema” da te descritto, la religione che ruolo può avere?
La religione, qualsiasi religione, è una storia di potere. Le religioni sono create dagli uomini che dicono ad altri uomini come comportarsi. Io credo che esista qualcosa sopra di noi, possiamo chiamarlo Dio, Energia, Natura,… È solo un nome. Ognuno di noi ha uno scopo molto più grande di quello che crediamo su questa terra e dobbiamo riuscire a trovarlo da soli, senza farci condizionare dalla religione e da qualsiasi altra cosa. Bisogna trovare l’equilibrio con se stessi, dopodichè possiamo sapere veramente ciò che vogliamo. La società contemporanea non ci aiuta in questo.
Un’ultima domanda: ti sei mai pentito? Hai mai avuto momenti difficili?
Momenti difficili sì e tanti. Pentito mai!

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